RIGOR MORTIS

rigor mortis

Immediatamente dopo la morte i muscoli volontari perdono il tono ed il cadavere assume un aspetto di abbandono completo.
Successivamente, comincia a crearsi uno stato di rigidità muscolare, che fissa le articolazioni in determinate posture e che è inizialmente più evidente nei gruppi muscolari più piccoli. La rigidità si estende poi progressivamente a tutti i muscoli striati del corpo, secondo una successione cranio-caudale che segue la Legge di Nysten.

Legge di Nysten

Secondo la legge di Nysten, la rigidità interessa prima i muscoli del capo, quindi i masseteri e quelli nucali: dunque, inizialmente si manifesta alle articolazioni temporo-mandibolari. Successivamente, si estende ai muscoli del collo, a quelli degli arti superiori, del tronco e, infine, interessa i muscoli degli arti inferiori. Lo stato di rigidità muscolare segue quindi un andamento cranio-caudale.

Più nello specifico, il fenomeno ha generalmente il seguente andamento:

  • 2-3 ore dopo la morte: muscolatura della mandibola, delle mani e dei piedi e gradualmente a tutti gli arti;
  • 10-12 ore dopo la morte: tutti i muscoli sono interessati;
  • 20-40 ore dopo la morte: espressione massima della rigidità
  • 70-80 ore dopo la morte: graduale risoluzione della rigidità che segue lo stesso ordine di comparsa.

Meccanismo del rigor mortis

Il fenomeno è indipendente dall’attività nervosa e non è legato alla normale depolarizzazione di placca.

Prende invece origine dalla degradazione delle membrane sarcolemmatiche, che provoca l’afflusso nei miociti di grandi quantità di calcio (ioni Ca++).

Lo spostamento degli ioni calcio dipende dal fatto che la concentrazione di calcio extracellulare è 10000 volte maggiore di quella intracellulare; pertanto, la degradazione delle membrane sarcolemmatiche permette al calcio di penetrare all’interno delle cellule raggiungendo concentrazioni molto superiori a quelle che le stesse cellule avevano quando il soggetto era in vita. La contrattura cadaverica origina dallo stesso meccanismo della contrazione vitale, cioè attraverso la formazione di legami tra filamenti di actina e filamenti di miosina, sì da dare origine ad acto-miosina. Affinché i filamenti di actina e miosina si stacchino è necessaria, però, l’ATP; la sua mancanza, a causa della morte, provoca il rigor. Questo processo è sufficiente a produrre la rigidità per il blocco dello scorrimento dei filamenti di actina e miosina.

Bisogna però precisare che, se s’interviene con la forza per vincere la rigidità cadaverica e si modifica l’atteggiamento dei muscoli, entrambi non si ripristinano più, eccetto nei casi in cui ciò sia avvenuto nelle fasi iniziali di tale processo (nelle prime 15 ore).

Fattori estrinseci ed intrinseci

Numerosi fattori, sia intrinseci che estrinseci, influenzano il meccanismo di comparsa e scomparsa della rigidità:

  • Sviluppo muscolare: quanto più la muscolatura è sviluppata, tanto più la rigidità sarà intensa e persistente. Nei casi in cui il soggetto è deceduto dopo aver compiuto uno sforzo muscolare notevole, la rigidità si sviluppa assai precocemente (per deplezione ed accumulo di ATP). In taluni casi può essere addirittura istantanea e fissare il soggetto in posizioni particolari ed in tal caso di parla di rigidità catalettica.
  • Malattie debilitanti o morti per dissanguamento: il rigor insorge più precocemente, ma è meno intenso ed ha una più rapida risoluzione.
  • Neonato e feto: è precoce, debole e fugace.
  • Temperatura ambientale: la rigidità insorge con rapidità e si mantiene nel tempo in maniera direttamente proporzionale a quanto più è bassa la temperatura dell’ambiente di stazionamento del cadavere. Quindi condizioni di freddo intenso oltre a ritardare la comparsa del rigor, lo conservano per un tempo più lungo, mentre il caldo ambientale ne accelera sia la comparsa che la scomparsa.

Cosa succede se una terza persona modifica la posizione assunta dal cadavere?

Se con la forza si vince la rigidità dei muscoli contratti, essa non si ripristina più, a meno che non si sia nel periodo iniziale. Di ciò va tenuto conto nell’esame del cadavere, perché la rigidità medesima può essere stata risolta nelle manovre d’afferramento della salma (per il suo trasporto) o di rimozione degli indumenti.

Nelle immagini si noti l’atteggiamento del “cuscino fantasma”, indotto dalla rigidità cadaverica. L’uomo morì mentre aveva la testa poggiata sul cuscino e la rigidità cadaverica fissò il capo in tale posizione.

Conclusioni

A seguito del rigor mortis, la rigidità delle articolazioni fa sì che le stesse assumano una posizione tale da rispettare quella in cui si trovano subito dopo il decesso; ciò è utile per poter verificare la congruità della posizione cadaverica rispetto alla posizione nell’ambiente. Pertanto, tale fenomeno può essere utile nella ricostruzione dell’evento ed, inoltre, a seconda dello stato di rigidità del corpo è possibile stimare l’epoca della morte, sempre unitamente a tutti gli altri parametri tanatocronologici.

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Benedetta De Luca

Giovane Medico Legale in formazione specialistica, Esperto in Balistica Forense. Mi occupo di decifrare storie che solo le armi e le munizioni possono raccontare.

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