LIVOR MORTIS

livor mortis

Dopo la cessazione delle funzioni vitali, mentre le zone epistatiche del cadavere (cioè quelle situate cioè più in alto) impallidiscono per la mancanza di irrorazione sanguigna, quelle declivi (o ipostatiche) assumono un colorito rosso vinoso, diventando quindi più succulente ed umide.

In questo articolo esploreremo in che modo si formano le ipostasi e in che modo queste si modificano nel tempo.

Cosa sono le ipostasi?

Le ipostasi o liver mortis rientrano tra i fenomeni cadaverici consecutivi e sono la conseguenza della cessazione dell’attività cardiaca: il sangue si accumula passivamente nelle zone più basse per gravità.

L’espressione apprezzabile all’esame esterno del cadavere è costituita dalla caratteristica colorazione rossa, di solito scura, che compare alle regioni declivi non soggette a compressione. Infatti, poiché la colorazione cutanea è determinata dalla passiva replezione sanguigna dei vasi del derma, non si potrà avere nelle zone soggette a compressione. Si formerà dunque, in tali zone, un’impronta negativa: in genere basta una pressione piuttosto bassa per impedire la formazione delle ipostasi ed è quindi sufficiente la presenza di lacci, indumenti o piani di appoggio del corpo e loro irregolarità.

Le macchie ipostatiche forniscono importanti informazioni sull’epoca della morte, sulla posizione del cadavere e, in alcuni casi, anche sulle cause del decesso.

Perché si formano?

Tale fenomeno è dovuto al deflusso del sangue che, non più sospinto dalla pressione sanguigna, si raccoglie, per la forza di gravità e secondo la legge dei vasi comunicanti, nelle regioni più declivi del corpo secondo la postura assunta del cadavere.

Il colore violaceo (o rosso-vinoso) dell’ipostasi dipende dal sangue non più ossigenato che riempie i vasi del derma e traspare attraverso la cute.

Questo fenomeno è apprezzabile anche a livello degli organi interni: infatti, nelle loro parti declivi si repertano spesso aree ipostatiche che, ad un esame sommario, possono essere confuse con infarcimenti emorragici, iperemie o alterazioni da processi infiammatori.

Dopo quanto tempo compaiono?

Sono ben visibili in 1-2 ore dopo la morte e raggiungono la loro massima espressione entro 6-8 ore.

La causa della morte influisce sensibilmente sullo stato delle macchie ipostatiche e sulla loro rapidità di formazione:

  • infatti, sono precoci ed intense negli stati di maggiore fluidità del sangue, come le morti asfittiche, le morti cardiache, gli avvelenamenti con anticoagulanti;
  • la loro comparsa può invece ritardare se, subito prima del decesso, si è verificata un’emorragia e/o una diarrea profusa
  • possono essere scarse e/o quasi assenti in caso di massiva emorragia
Come si comportano?

In rapporto al meccanismo di produzione ed in particolare all’epoca di comparsa, le ipostasi possono spostarsi (migrare), totalmente o parzialmente, dalla primitiva posizione ed apparire in sede diversa, nel caso in cui il cadavere sia rimosso e deposto su altro piano o in una nuova posizione.

A tal proposito si può ritenere che:

  • FASE DI MIGRABILITA’ ASSOLUTA: nelle prime 5-6 ore dal momento della loro comparsa le macchie ipostatiche sono totalmente mobili.  

Ciò vuol dire che se si modifica la posizione del cadavere in questo intervallo di tempo, le ipostasi possono scomparire del tutto e manifestarsi nelle nuove regioni declivi.

  • FASE DI MIGRABILITA’ PARZIALE: fra le 6 e le 12 ore possono migrare parzialmente verso le nuove sedi declivi senza scomparire nelle zone ove già si erano formate. Ciò vuol dire che se si modifica la posizione del cadavere in questo intervallo di tempo, il centro delle macchie ipostatiche, non migra più, mentre le zone più periferiche risultano ancora mobili e possono migrare. Ciò permette di apprezzare macchie ipostatiche anche in regioni opposte tra loro.
  • FASE DI FISSITA’ ASSOLUTA: oltre le 12 ore le ipostasi tendono a rimanere fisse, qualunque sia la nuova posizione assunta dal cadavere. Ciò dipende dalla progressiva lisi delle emazie e dalla conseguente diffusione emoglobinica nei tessuti, che ne restano così, stabilmente impregnati.

Il grado di mobilità delle ipostasi nella pratica comune si accerta con la semplice pressione digitale: al primo stadio la macchia scompare, al secondo si attenua senza scomparire del tutto ed al terzo permane invariata o quasi.

Considerazioni conlusive

L’attenta osservazione delle ipostasi è molto utile ai fini tanatocronologici: infatti, se un soggetto ritrovato sospeso ad un laccio non presenta ipostasi declivi agli arti (tipica la disposizione a “guanto” ed a “calzino” degli impiccati), ma sul dorso, se ne deduce chiaramente che si tratta di una sospensione realizzata diverse ore dopo la morte, magari per inscenare il suicidio e depistare le indagini da altre cause di morte dolose o colpose.

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Benedetta De Luca

Giovane Medico Legale in formazione specialistica, Esperto in Balistica Forense. Mi occupo di decifrare storie che solo le armi e le munizioni possono raccontare.

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